Jon Landau è nella Rock And Roll Hall of Fame: le parole di Springsteen

L’ingresso di Landau nella Rock and Roll Hall of Fame arriva sotto forma di Ahmet Ertegun Award, un raro riconoscimento conferito ai “professionisti del settore” – cantautori, produttori, manager, giornalisti, inventori, disc jockey – “che hanno avuto grande influenza sul rock and roll”. Nel corso dei suoi 60 anni di carriera, Landau è stato sia critico, sia produttore, sia manager imponendosi ai vertici in ognuno di questi campi. Landau ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Backstreets.com che proprio questa straordinaria combinazione di esperienze è il motivo principale per la sua induzione nella Rock Hall: “Ho capito che mi è stato conferito questo onore proprio in considerazione di tutte queste componenti: il mio lavoro nel giornalismo musicale, il ruolo di leadership che ho avuto nello sviluppo della critica rock, il mio lavoro di produttore e il mio approccio alla gestione, che è stato piuttosto unico. La mia carriera ha spaziato su territori molto diversi”. In realtà Landau avrebbe potuto ricevere premi anche solo per i successi precedenti all’incontro con Bruce, sulla cui carriera conosciamo tutti l’impatto dirompente che avrà a partire dalla metà degli anni ’70. Il suo lavoro pionieristico e la sua influenza nel nuovo campo della critica rock basterebbero a meritare un tale premio. “Penso che questo sia vicino alla verità”, ammette Landau, considerando comunque i suoi 45 anni con Springsteen come “un fenomenale risultato di una vita”. Il lavoro di Landau come produttore era già ad alti livelli – dalle prime esperienze con Livingston Taylor e a quello con le leggende proto-punk MC5 – prima ancora di arrivare a quella che è probabilmente la più grande serie decennale di album rilasciati nell’era rock: Born to Run, Darkness on the Edge of Town, The River, Nebraska e Born In The USA. Inoltre, Landau non è solo il produttore di album multi-platino, ma anche di successi in ambito cinematografico e teatrale, come lo spettacolo Springsteen On Broadway che nel 2017 e nel 2018 ha letteralmente sbancato i botteghini. Landau ha raccontato come vive i suoi diversi ruoli con Springsteen: “La creatività è il collante del nostro rapporto. Ecco da dove viene. Inizialmente come produttore […] poi come manager. E il management è venuto fuori dal fatto che siamo così coinvolti nel progetto generale, eravamo entrambi così impegnati in questo e l’uno per l’altro, che la gestione sembrava solo un’estensione naturale. È tutto un’unica cosa. Non puoi distinguere la produzione, il management, la produzione di film… ma tutto rientra nel nostro rapporto”.

Nato nel 1947, Landau ha assistito alla nascita del rock ‘n’ roll, così come alla la nascita della critica rock, di cui diventerà una firma importante. Appassionato di musica fin dall’infanzia (“Ecco cosa farò. Voglio essere così”, si disse dopo un concerto di Pete Seeger, all’età di quattro anni), Landau imbracciò la sua prima chitarra a sette anni, prese lezioni, e assorbì tutto, dal folk al rock al bluegrass. La sua carriera di critico rock è iniziata nei primi anni ’60, quando al liceo cominciò a scrivere commenti musicali sugli artisti locali su semplici fogli ciclostilati. Il suo amore per il bluegrass, lo portò a imparare a suonare il banjo oltre alla chitarra, e presto suonò in una band e impartì lezioni, guadagnando denaro che reinvestiva nei dischi. Lavorando in un negozio di musica incontrò Paul Williams, fondatore di “Crawdaddy!” – la prima rivista nazionale statunitense di critica musicale rock – e si propose come recensore di musica. Poi ci fu l’incontro con Jann Wenner e “Rolling Stone” per “venticinque dollari ad articolo”, e il suo vero e proprio inizio come critico musicale professionista. Così, mentre Bruce Springsteen stava ancora suonando con i Castiles, Landau aiutava a far decollare “Rolling Stone” divenendo “il critico rock più letto e più influente in quel momento”.

Landau chiuse questo importantissimo capitolo della sua vita professionale intorno al 1977, più o meno nel periodo in cui produceva The Pretender di Jackson Browne e assumeva il ruolo di manager con Springsteen, sebbene il passaggio dalla parola scritta allo studio di registrazione fu molto naturale e graduale. “Avrei potuto suonare la chitarra ritmica in molte band, ed ero un chitarrista abbastanza bravo, ma ero consapevole che non sarei mai stato Eric Clapton. Non sarei mai diventato famoso per il mio modo di suonare la chitarra. Ma essendo molto attento come ascoltatore, e avendo ascoltato così tanto, ho iniziato a sentirmi attratto dal campo della produzione. Chi sono tutte queste persone che vengono chiamate produttori? Cosa hanno fatto veramente? Chi sono questi ingegneri?”. Non passò molto tempo prima che le etichette si rivolgessero a lui. Grazie alla sua fama e alla sua influenza come critico, Landau fu contattato da Jerry Wexler, Jac Holzman che assunse Landau come consulente aprendo le porte al suo primo lavoro di produzione. Quando Bruce Springsteen era ancora con i Child, prima di formare gli Steel Mill, Landau stava producendo l’MC5. Landau sentì parlare per la prima volta di Bruce Springsteen quando Lester Bangs recensì “Greetings From Asbury Park, NJ”, per “Rolling Stone”, “una recensione folle… Dovevi leggerla un paio di volte per capire se il disco gli era piaciuto o meno. Solo che Lester era Lester”. Nel 1974, Landau e Springsteen si incontrarono fuori da Charlie’s Place a Cambridge e da quel momento – racconta Jon Landau- tutto è cambiato. “Andai a trovarlo in questo piccolo club, c’erano sì e no 15 persone. Era semplicemente il più grande. L’ho visto una seconda volta, e fu anche meglio. In seguito scrissi un articolo di cui sono ancora oggi orgoglioso”. E il riferimento, per noi fans, più che noto è addirittura leggendario: la recensione per il “Real Paper”  con l’iconica dichiarazione: “Ho visto il futuro del rock ‘n’ roll e il suo nome è Bruce Springsteen”.

E questo è l’incipit di una storia ben documentata, sia in biografie come Bruce di Peter Ames Carlin, Born to Run di Dave Marsh e, ovviamente, nella stessa autobiografia di Springsteen; in documentari come Wings for Wheels; e il libro della Backstreets Publishing, Bruce Springsteen: Rock and Roll Future. “Ci sono state volte, all’inizio, in cui mi sentivo a disagio a riguardo – ammette Landau – Era una dichiarazione molto forte e avevo davvero azzardato. Ma col passare del tempo, non ho avuto altro che buoni sentimenti per quello che avevo scritto in quell’occasione ed era solo la verità. E’ stata la cosa migliore che potessi fare, veniva dal cuore, e la avrei riscritta mille altre volte”. “Quella sera, quando tornai a casa e scrissi l’articolo”, aggiunge, “penso di essermi detto: ‘Quello che voglio fare più di ogni altra cosa è trovare un modo per lavorare con questo ragazzo’. Lavorare con lui… non sapevo cosa significasse. Potrei trovare un lavoro alla Columbia Records ed essere un uomo di A&R, potrei..potrei… poteva essere qualsiasi cosa, ma sapevo solo che era lì che volevo andare. E così, è stata quella la direzione che ho preso da quel momento in poi”. E infatti, a tal proposito, Bruce ha aggiunto: “Aveva appena visto il nostro futuro”.

Quando Bruce Springsteen fu introdotto nella Hall nella primavera del 1999, ebbe parole di profonda gratitudine per ciascuno dei suoi compagni della E Street Band, ma nessuna così carica di affetto e riconoscenza come quelle riservate al suo manager e amico di lunga data: “Jon mi ha dato qualcosa oltre l’amicizia e oltre la guida: la sua intelligenza, il suo senso della verità, il suo riconoscimento della mia intelligenza. La sua capacità creativa come produttore ed editore… la sua capacità di vedere il cuore delle cose, sia professionali che personali, e l’amore che mi ha dato hanno cambiato la mia vita per sempre. Quello che spero di dare ai miei fan con la mia musica – una maggior consapevolezza di sé e una maggiore libertà – lui, con i suoi talenti e le sue capacità, lo ha fatto per me. Nessun “grazie” stasera sarebbe abbastanza, ed è un debito che non posso ripagare – e di cui faccio sempre tesoro”. Nel 2014 fu la volta dell’induzione della Street Band, e stavolta nella 35a cerimonia annuale di induzione, l’onore è toccato finalmente proprio a Jon Landau, insignito con il prestigioso Ahmet Ertegun Award. Durante la cerimonia virtuale, andata in onda su HBO sabato sera, ovviamente è toccato a Bruce introdurre l’amico-manager nella Rock and Roll Hall of Fame. Springsteen ha parlato del suo primo ricordo con Jon Landau, allora critico rock, anni prima che cominciassero a lavorare insieme. “Uno dei miei primi ricordi di Jon Landau fu quando demolì i Blues Project su “Crawdaddy!”. Pensai: ‘Chi crede di essere questo ragazzo? Chi è Jon Landau?’ Come critico era molto misurato e preciso, ma poteva distruggere”, ha raccontato Springsteen, così come  ha anche affermato che il suo album preferito con Landau nel ruolo di co-produttore è stato “Born to Run” perché è grazie a lui e in questa occasione che ha conosciuto il “concetto magico dell’editing” che richiedeva riduzione e semplificazione. “C’era una sorta di intellettualismo innato che ha sempre fatto parte della musica su cui stavamo lavorando. Riflettevamo sul significato del rock ‘n’ roll, sul suo posto nella società, sul suo posto nella nostra maturazione”. Landau fu una guida anche come amico indirizzandolo verso la terapia e lontano dall’oscurità della depressione. Jon, ha affermato Springsteen, ha creato uno “stile di gestione basato non solo sul business, ma anche sulla promozione dei più alti obiettivi artistici insieme alla crescita personale”. E ha aggiunto: “Nessuno lo aveva fatto prima di Jon Landau, e non credo che nessuno lo farà mai. Ed è sempre stato un amico incredibile. Ti do il benvenuto, mio buon amico, nella Rock and Roll Hall of Fame. “

La pandemia quest’anno ha imposto un approccio diverso alla cerimonia di induzione, rinviata dalla primavera e ora in onda come film prodotto da Joel Gallen. “Non potevano fare un evento live, per ovvie ragioni – ha raccontato  scherzosamente Landau- quindi ho già fatto il mio discorso. È già stato girato. Ma dà a tutti noi la possibilità di accettare i nostri premi. E quindi non vedo l’ora che arrivi la data di messa in onda e che tutti gli altri lo vedano.”

“Thom [Zimny] ha anche girato un documentario su di me ed è stato molto gratificante. Tutte le persone che hanno parlato o hanno contribuito al documentario, non solo Bruce, sono state eccezionali”. Il filmato contiene anche dichiarazioni di Jimmy Iovine, l’ingegnere del suono di Springsteen a metà degli anni ’70, Jann Wenner, che ha pubblicato il suo lavoro per più di dieci anni su “Rolling Stone”, e Jackson Browne, il cui album “The Pretender”, come abbiamo detto, è stato prodotto da Landau.

Grazie Jon Landau anche da parte di tutti noi fans, per la tua devozione e per aver sempre creduto in Bruce.

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