Obama, Springsteen e “la perdita dell’innocenza” americana nel 4° episodio del podcast

photo/Carolyn Kaster

E’ disponibile su Spotify il nuovo episodio del podcast “Renegades: Born in the USA” intitolato “The Loss of Innocence” in cui i Barack Obama e Bruce Springsteen meditano sul sogno americano, sul senso dell’essere americano, dai cowboy ai soldati e agli astronauti,  sul desiderio di libertà e il bisogno di identità.

Dopo le parole introduttive di Obama, il podcast si apre con Bruce e Obama che nella tenuta di Springsteen fanno un giro nella Corvette del Boss sulle note di Cadillac Ranch. E’ l’occasione per parlare di auto e di come siano da sempre simbolo di libertà. Bruce in particolare racconta la sua prima esperienza alla guida durante il viaggio verso il Big Sur dove lo attendeva un concerto con la band. “Non sapevo guidare. Non sapevo riparare un’auto se si guastava. Ma sapevo di cosa si trattava. Sapevo cosa simboleggiavano le auto”. “Fuga” suggerisce Obama. “Esatto -continua Bruce – […] L’America si sentiva ancora molto, molto grande. Illimitata. E la strada era romantica. Mi interessava molto scrivere musica usando immagini americane classiche e reinventarle […] ma ho aggiunto alle mie canzoni con la paura che si respirava in quegli anni, durante la guerra del Vietnam. Il paese aveva perso la sua innocenza, non era più spalancato. Si apriva una nuova era di limiti. […] Quindi, ho presentato tutti i miei personaggi con quelle stesse immagini ma in una nuova era americana. Come apparivano? Molto più scuri. Dove stavano andando le persone? Non erano sicuri di dove stessero andando. Chi stavano diventando? Non erano sicuri di chi stessero diventando. Tutti questi interrogativi ho dovuto collocarli in quelle auto con i miei personaggi e cercare di convincerli a risolverli”.

Photo/Tony Dejak

Obama parla del suo primo viaggio negli Stati Uniti e della sensazione fin da bambino che per quanto amasse la sua terra, le Hawaii, avrebbe dovuto intraprendere una sorta di viaggio per scoprire chi fosse. E il viaggio “è pieno di sorprese e avventure, ma quello che è anche vero è che ti metti in viaggio e poi a un certo punto quello che realizzi è: ‘Puoi ricreare te stesso, puoi trovare te stesso. Ma alla fine della giornata, avrai ancora questo desiderio di casa e di un posto dove stare. La tensione dell’America sta tra il desiderio di reinventare noi stessi ed essere liberi, e il desiderio di un vicinato. E c’è un senso di solitudine sulla strada.” C’è in tal senso una certa mitologia della solitudine in qualche modo riproposta, come sottolinea Bruce, anche dagli eroi western e dai cowboy interpretati dai vari Gary Cooper, Clint Eastwood e John Wayne. “Quelle erano le icone che ci venivano vendute: eroi occidentali. Erano soli. Non sono mai stati padri, mai mariti, sempre di passaggio. […] E un esempio di questo è in “The Searchers” di John Ford, con John Wayne, che è un misantropo, e che possiede una serie di abilità violente che può utilizzare per incidere sulla comunità e proteggerla, ma non riesce a farne parte c’è questa scena profonda alla fine di “The Searchers” in cui John Wayne trova Natalie Wood dopo l’intero film. La riporta alla famiglia, tutta la famiglia corre dentro la casa, la porta si chiude e John Wayne è sulla soglia e la porta e la comunità stessa si chiudono su di lui e lui viene lasciato a camminare verso il deserto. E questa è la ripresa finale del film. Da giovane, mi sentivo così e ho cercato di vivere in questo modo fino ai 30 anni […] Sinceramente non volevo smettere di muovermi e dentro di me qualcosa sembrava davvero rotto. Ed è allora che ho chiamato un amico… ho chiamato Jon, [Landau] e gli ho detto: ‘Sto avendo dei seri problemi’. Mi dette un numero. E così entrai in un ufficio per gentiluomini che non avevo mai visto prima in vita mia a Beverly Hills o al Pacific Palisades, da qualche parte a L.A. Lo guardai. Era un vecchietto con i capelli bianchi e i baffi. C’era una sedia vuota. Mi sedetti e scoppiai a piangere per dieci minuti. Erano i nodi che venivano al pettine: il desiderio di libertà ma il profondo bisogno a quella età di radicarsi, di avere una famiglia, una vera casa, una casa spirituale, il bisogno di smettere di correre. Per affermare, per fare delle scelte, di dire ‘sarò con te per tutta la vita. Vivrò qui tutta la vita. Farò questo lavoro durante la mia vita’. E queste sono le cose in cui mi impegno e metto tutto me stesso: il nostro amore, i nostri sforzi, il nostro posto. E’ venuto un momento della mia vita in cui avevo bisogno di fare quelle scelte per continuare a vivere e avere una vita. E la mia vita è cambiata quel giorno e poco dopo mi sono sposato…non ha funzionato la prima volta. Ma poco dopo ho incontrato Patti e ho costruito una casa. […]”.

“Cos’è essenzialmente americano?- chiede Obama-  Tu ed io ne abbiamo parlato, tu attraverso la tua musica, io attraverso la mia politica. Parte di ciò che abbiamo cercato di fare è definire una visione di questo paese e la nostra parte in esso, il nostro posto in esso. Ricordi un momento in cui hai pensato, consapevolmente, ‘Sono americano, e questo fa parte della mia identità’? Bruce racconta: “Il mio primo ricordo è quello di ogni mattina  alle 8 alla Saint Rose School. Giuro fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America e della Repubblica per la quale si distingue, una nazione sotto Dio, indivisibile con libertà e giustizia per tutti. Di fronte alla bandiera con la mano sul cuore […] e ho pensato che fosse sacro essere un americano”. Obama aggiunge che un grande momento di identità nazionale è stato il programma spaziale e Bruce ricorda il concerto che da giovanissimo tenne durante lo sbarco sulla luna: “Nel 1969, ero un ragazzo di 19 anni e la notte dello sbarco sulla luna dovevo suonare in un bar ad Asbury Park.” La band era quella dei Child composta da Springsteen, Vini Lopez, Danny Federici e Vinnie Roslin e il club si chiamava Pandemonium nel Wanamassa di Ocean Township, lungo Sunset Avenue a pochi chilometri da Asbury Park. Bruce, che in seguito diventerà un grande appassionato di programmi spaziali, ha raccontato che all’epoca non voleva affatto saperne: “Alle nove suoniamo queste maledette chitarre e questo è tutto quello che dobbiamo fare. Il locale ospitava circa 50 persone. Venticinque volevano vedere lo sbarco sulla luna in televisione e 25 volevano che la band suonasse. E così salimmo sul palco. Nel locale c’era una piccola TV in bianco e nero. Cominciò lo sbarco sulla luna. La gente correva verso la band e diceva: ‘Suonate della dannata musica, amico!’ E così iniziammo a suonare e altri intorno ci dicevano ‘Ragazzi fate silenzio!’. Roslin stava davanti alla band, e al momento più atteso, scese dal palco per assistere all’atterraggio. Ovviamente aveva ragione! Scese dal palco e segnò la fine. A ripensarci all’epoca eravamo tutti idioti, ma fu divertente.” Quella sera segnò la fine degli spettacoli dei Child al Pandemonium. Lopez, alias “Mad Dog”, implorò i proprietari del locale di spegnere la TV. “Finalmente, Mad Dog l’ebbe vinta”, avrebbe poi raccontato Springsteen riguardo quella notte nella sua autobiografia “Born to Run”. “Gridò nel microfono, ‘Se qualcuno non spegne quella cazzo di TV , vengo e la spacco a pedate”. Springsteen e la sua band erano concentrati sul pubblico rock della Terra, non sulle escursioni celesti. Lopez litigò con i proprietari del bar e la band fu licenziata all’istante. Poi i Child sarebbero diventati gli Steel Mill e gli Steel Mill la E Street Band e l’uomo sarebbe tornato sulla luna altre cinque volte. Springsteen e Obama hanno parlato anche del film di John Ford “The Searchers”, di cosa significa essere americano e della perdita dell’innocenza americana avvenuta durante la guerra del Vietnam. “Quando sono diventato presidente, ha raccontato Obama, penso che sia successo qualcosa di molto prezioso e che questa del Vietnam sia stata una lezione difficile da imparare. Il popolo americano era arrivato a riconoscere e venerare il servizio delle nostre truppe, anche quelli che erano critici su alcuni aspetti degli interventi militari statunitensi. […] Ricordo di aver parlato con gli amici che sono andati in Vietnam e sono tornati a casa e ho scoperto che erano chiamati assassini di bambini, avevano sputi addosso e sono diventati in qualche modo l’oggetto del rifiuto di quella guerra da parte dei giovani, quando in realtà erano ragazzi che esprimevano il loro patriottismo, il dovere”. “Conosco molti veterinari, ha aggiunto Bruce, e sono stati ignorati e maltrattati per molto tempo come simboli della citazione L’unica guerra che l’America abbia mai perso.[…] Questa è stata la prima volta nella mia vita che ho sentito che il paese si era perso. Aveva completamente perso la strada.[…] la perdita dell’innocenza.”

Per ascoltare l’episodio n.4 “The Loss Of Innocence” clicca QUI  e per leggerne  la trascrizione clicca QUI

Per ascoltare l’episodio n. 3 “Amazing Grace: American Music” cliccare QUI e per leggerne la trascrizione completa cliccare QUI

Per ascoltare l’episodio n. 2 “American Skin: Race in The United States” cliccare QUI e per leggerne la trascrizione completa cliccare QUI

Per ascoltare l’episodio n. 1: “Outsiders: An Unlikely Friendship” cliccare QUI e per leggerne la trascrizione completa cliccare QUI

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