Bruce Springsteen intervista Steve Van Zandt in attesa di “Unrequited Infatuations”

Per la prima volta, Bruce Springsteen esce dai riflettori per lasciare tutto il palco al suo grande amico e compagno di band Steve Van Zandt. L’occasione si è presentata con la pubblicazione di Unrequited Infatuations, il libro di memorie di Van Zandt appena uscito in America e in arrivo tra quindici giorni in Italia con Il Castello, per la collana musicale di Chinaski Edizioni.  “E’ una lettera d’amore al rock, non solo per i fan della E Street Band, ma per gli amanti di tutto il rock – ha detto Bruce presentando il volume, e ha aggiunto: “Sono felice e orgoglioso che questo libro esista e di essere tuo amico da 50 anni”. L’”intervista” del Boss a Steve  – che si è svolta stanotte in livetream, accessibile solo a chi aveva prenotato l’acquisto di una copia del libro in anteprima – ha preso immediatamente la dimensione della chiacchierata informale tra vecchi amici, seduti uno dinanzi all’altro, che hanno discusso delle loro esperienze, delle loro scelte e dei momenti di gloria, tra risate e momenti di commozione, con qualche libro e alcune chitarre sullo sfondo. Springsteen ha premesso: “In realtà non avevamo un piano B, per noi il rock ’n’ roll era una questione di vita o di morte”. Steve ha scherzato spesso sulla sua decisione nei primi anni ’80 di aver mandato all’aria la sua vita mollando la E Street Band per darsi alla carriera solista e all’impegno politico. “Eravamo a Berlino durante il tour di The River e avevamo passato checkpoint Charlie, che separava la Germania ovest da quella est, quando un ragazzo mi chiese: ‘perché avete portato i missili nel nostro paese?’ Non capii immediatamente cosa intendesse dire, ma non riuscii a togliermi dalla testa quella domanda. Iniziai a leggere libri per capire cosa il nostro governo faceva in giro per il mondo. Così mi venne voglia di fare qualcosa, perché non era quella l’America che conoscevo. Così diventai una sorta di artista/giornalista che andava in giro per il mondo e poi raccontava storie con le canzoni”. E Bruce ha aggiunto: “Erano i primi anni ’80, lavoravamo da 15 anni. Eravamo ancora al verde ma iniziavamo ad avere successo. Tu iniziasti a darmi libri da leggere sui Contras, sull’America latina. Lasciasti la band e passasti da un disco solista come “Men Without Women” a “Voice Of America”. Fu una scelta importante e coraggiosa, che ti ha fatto onore. Io ho fatto dischi concettuali, ma in quel caso l’idea arrivava mentre scrivevo: se partivo da un concetto, non funzionava mai. Tu invece scrivi a partire da un’idea e la sviluppi. E’ una cosa che ammiro molto”.

Molto divertente è stato il racconto di quando Steve raggiunse in studio Bruce durante la registrazione di “Born to Run” e gli fece notare che c’era un accordo in minore in uno dei passaggi centrali del brano. Springsteen ha racconta che rimase stupito e che poi corresse immediatamente il brano.

Interessante è stata la riflessione sul significato e sul ruolo del rock nei tempi attuali: “Ha la capacità di esprimere la sostanza.- ha dichiarato Steve – Va preservato, non per nostalgia ma per ciò che è in grado di fare”. E ha poi raccontato di TeachRock, l’associazione da lui fondata per coinvolgere gli insegnanti nelle scuole a “piantare i semi che tengano viva la pianta del rock nel tempo”. “Noi siamo i vecchi”, ha scherzato Bruce e si è chiesto: “ormai le radio passano come classic rock quello degli anni ’80, ma dove sono finite le radici degli anni ’50 e ’60?”. I due blood brothers hanno poi discusso di quelle che considerano le regole e le abilità fondamentali del rock che consentono di affrontare nel migliore dei modi la carriera di artista. “Suonate la chitarra o uno strumento, ma studiate per impararlo bene. Fare il frontman è un’alternativa più complessa, perché bisogna essere anche attori. Create una band di persone che condividono le vostre visioni e passioni e imparate ad arrangiare le canzoni. Studiate i classici, cercando di capire tutte le parti degli strumenti, analizzatele, scomponetele, e cercate di capire cosa dicono e perché. La performance è una cosa che molte band non considerano, ma è sbagliato. Trovate un posto, un locale ed esibitevi per la gente, perché una cosa è suonare in studio, un’altra è suonare davanti alla gente. Imparate a creare una relazione con chi vi sta davanti. Scrivete canzoni che tendano ad arrivare a quelle che avete studiato. Non ci sono regole, ma bisogna avere un obbiettivo: a chi parla questa canzone e cosa dice? Vuole far ballare o piangere? Altro punto importante riguarda lo studio di registrazione: “Noi ci abbiamo messo molti album a capirlo”, scherza Bruce, “ma creare il suono e registrare è fondamentale, così come lo è la collaborazione. Fare tutto da soli di solito produce risultati mediocri”.

Insomma, tanti spunti di riflessione ma anche tanto divertimento, come d’altronde c’era da aspettarsi da questa straordinaria coppia di artisti amici di cui ci ripromettiamo di pubblicare presto l’intervista per intero, in attesa dell’uscita del libro più atteso dell’anno.

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