5 Gennaio 1973 – Greetings from Asbury Park, N.J.

«Nel mio primo album ho fatto venire fuori un numero incredibile di cose tutte in una volta. Un milione di cose in ogni canzone. Le avevo scritte in mezz’ora, quindici minuti.

Non so da dove venissero. Scrivevo come in preda a una febbre. Non avevo soldi, nessun posto dove andare, niente da fare. Era inverno, faceva freddo e scrivevo. Mi sentivo in colpa se non lo facevo. Non creai più nulla in quello stile. Una volta che uscì il disco, mi sentii definire il “nuovo Dylan” e così evitai di ripetermi».

Così Bruce descrive il suo primo album, uscito esattamente 47 anni fa segnando l’inizio di una carriera che mai forse lo stesso Springsteen si sarebbe aspettata così straordinariamente lunga e feconda di successi. Tuttavia l’album d’esordio del Boss non fu accolto unanimemente dai recensori, e in fondo non c’è neanche tanto da meravigliarsi, considerato lo scetticismo diffuso nei confronti dell’ennesimo ”nuovo Dylan” – come venne presentato Bruce sul mercato dalla stessa Columbia – e considerato soprattutto il fatto che la maggior parte dei critici, non avendo ancora mai assistito ad un suo live, non poteva immaginare che quanto inciso rendesse solo una minima percentuale rispetto al suo straripante potenziale. In sintesi, quel Greetings che ci ha regalato alcuni fra i brani più belli e suggestivi di Bruce e destinato al Disco d’oro (21 novembre 1978) e ai 2 Dischi di platino (9 agosto 1991 e 9 aprile 1992), divise la critica, parte della quale si ostinò a urlare al bluff fino all’uscita di Born To Run.

Springsteen e Lester Bangs
Springsteen e Lester Bangs

Fra tutte, e per divertirci un po’, riportiamo la traduzione della nota e storica recensione di Lester Bangs, apparsa il 5 luglio 1973 sulle pagine di Rolling Stone. A seguire, le tracce registrate per l’album ma mai pubblicate ufficialmente.

Bruce Springsteen –Greetings From Asbury Park, NJ Columbia

«Ricordate P.F. Sloan? Certo che lo ricordate. E’ stato quando ogni cantante folk in possesso di armonica veniva sconvolto dalla febbre di Dylan, alla ricerca di quante più sillabe potessero riempire ogni strofa. C’era Tandyn Almer, noto per “Along Comes Mary” (“Gli psicodrammi e i traumi passati appesi sulle cicatrici delle stelle nei bar e nelle auto…”— qualcosa del genere) e David Blue con la sua Highway 61, ma assolutamente nessuno di loro poteva battere P.F Sloan. Iniziò scrivendo surf songs, ma scosse il mondo con i suoi capolavori “Eve Of Destruction” e ” Sins of a Family”, e tutto il suo materiale migliore traboccava di odio.

Allora ragazzi, la cosa principale della quale il mondo ha bisogno è un P.F. Sloan per il 1973. Potete iniziare a fare il pieno di adrenalina, ragazzi, perché lui è qui, nella persona di Bruce Springsteen. Il caro Bruce ci fa sapere che viene da una delle più disgustose, inutili e monotone zone del Jersey. E’ stato molto influenzato da The Band, i suoi arrangiamenti tendono ad assumere ogni momento sfumature alla Van Morrison, tutto in una sorta di gorgoglio catarroso, canzoncine biascicate come se avesse della poltiglia in bocca e Dylan che gli vomita sul collo. E’ una ardua combinazione, ma è solo l’inizio.

Perché ciò che rende Bruce assolutamente unico e cosmicamente appagante sono le sue parole. Maledizione, che incredibile verbosità! Ha più parole stipate in questo album rispetto a qualsiasi altro disco pubblicato quest’anno, ma va bene perché ci stanno tutte perfettamente, non è come Harry Chapin che strappa fuori virtuosi strafalcioni dalla sua laringe. In più, ognuna di loro ha almeno un’altra con cui fa rima. Alcune di loro possono avere significati sociali mentre ce ne sono molte che non fingono di averne, rivelando la gioia dell’assoluto grossolano e ostentato talento che scorre freneticamente e totalmente fuori controllo:

Con “batteristi pazzi vagabondi e indiani in estate/ con un diplomatico teen-ager/Nei casini con gli orecchioni mentre l’adolescente segue/ la sua strada nel suo cappello” inizia il primo brano, e dopo le cose continuano a complicarsi maledettamente. Si potrebbe pensare che ci sia sotto qualche riflessione, ma è davvero frustrante come l’inferno, perché è ovvio che a B.S. non frega un cazzo. Lui ti scaglia a casaccio i proiettili con la fionda e tu puoi prenderne tanti quanti ne vuoi o lasciarli cadere con fracasso per terra, che è forse dove dovrebbero stare.

Springsteen è un nuovo, audace talento, che non ha poche cose da dire, e basta dare un’occhiata alla sua foto sul muro per capire che ha quanto occorre per farsi largo fino al vertice. Da tenere d’occhio. Non è il nuovo John Prine». Lester Bangs – Rolling Stone, 5 luglio 1973

Greetings from Asbury Park, N.J.

Data di pubblicazione: 5 gennaio 1973
Prodotto da Mike Appel e Jim Cretecos
Registrato tra giugno e ottobre 1972 – 914 Sound Studios ( Blauvelt , NY )
Tecnico per la registrazione : Louis Lahav

Formazione Studio

  • Bruce Springsteen – Voce, chitarra, armonica a bocca
  • Clarence Clemons – Sassofono, voce, cori
  • Garry Tallent – Basso, cori
  • David Sancious – Tastiere, pianoforte, organo
  • Vini Lopez – Batteria, cori
  • Richard Davis – Basso (in “The Angel”)
  • Harold Wheeler – Pianoforte (in “Blinded By The Light”)

Ascolta le tracce registrate ma mai pubblicate ufficialmente

ARABIAN NIGHTS
VISITATION AT FORT HORN
JAZZ MUSICIAN
LADY AND THE DOCTOR
COWBOYS OF THE SEA
TWO HEARTS IN TRUE WALTZ TIME
STREET QUEEN

Louis Lahav
Louis Lahav tecnico per la registrazione
Harold Wheeler suona il pianoforte in “Blinded By The Light” e Richard Davis suona il basso in “The Angel”
Harold Wheeler suona il pianoforte in “Blinded By The Light” e Richard Davis suona il basso in “The Angel”

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